ITINERARI E ISPIRAZIONI

Visitare Palermo

cosa vedere in un giorno a piedi

Chiese, cibo, arte, cultura, tradizioni e un incredibile orto botanico. Con tutte queste cose da vedere e tanto, tanto altro. È un’eresia tentare di visitare Palermo in un giorno? Certo che no! Ecco un itinerario di Palermo a piedi per scoprire le bellezze della città e avere al contempo una sua visione urbanistica. E se qualcosa sfuggirà, la si può prendere come una scusa per ritornare in questa splendida città.

Monastero di Santa Caterina d’Alessandria

Se non si sa scegliere cosa vedere a Palermo in un giorno, allora meglio iniziare ad ammirare tutta la città in un solo secondo con una sua spettacolare visita panoramica a 360°. Per visitare Palermo non c’è posto migliore per iniziare del centrale Monastero di Santa Caterina d’Alessandria, posto a metà strada fra il Palazzo dei Normanni e il Foro Italico. La vista dall’alto è, tutto sommato, una recente novità, infatti dal 1311 al 2014 era consentita solo alle suore di clausura dell’ordine domenicano, mentre l’apertura turistica è avvenuta solo nel 2017. Oltre a visitare l’elegante chiesa barocca, qui è possibile trovare i dolci preparati dalle suore di questo e altri monasteri panormiti. Ovviamente la parte più spettacolare spetta alle terrazze da cui abbracciare con lo sguardo il reticolato di strade dal sapore arabeggiante e gli svettanti campanili maiolicati che punteggiano il cielo della città.

Cattedrale di Palermo

La visita di Palermo in un giorno continua muovendosi verso la Cattedrale per entrare poi in un’area di abbagliante bellezza vista la vicinanza con il Palazzo dei Normanni e la Cappella Palatina. Un po' fortezza e un po' luogo di culto, la Cattedrale è la memoria storica della città. Fin dall’anno della sua fondazione, risalente al 1184 i casati che hanno regnato hanno lasciato una loro testimonianza, fra queste quella che sicuramente suscita maggiore attenzione è il sarcofago in porfido di Federico II di Svevia intorno al quale aleggiano numerose leggende, così come nel mito brilla il ricordo di colui che fu soprannominato lo Stupor Mundi. Ricca com’è di dettagli e particolari, la Cattedrale incarna lo spirito multietnico che ha vissuto la città nel corso dei secoli. Dagli Arabi ai Normanni, dai Bizantini agli Spagnoli, tutti hanno lasciato un segno di raffinato splendore, da scoprire man mano che ci si addentra nei meandri di questo tempio delle culture.

Palazzo Reale o dei Normanni

Quando si è intenti a visitare Palermo, è inevitabile poi trovarsi a tu per tu con il Palazzo dei Normanni. Oggi è la sede dell’Assemblea della Regione Sicilia, nonostante ciò i suoi ambienti più raffinati sono aperti al pubblico. Fondato nel X secolo dagli Emiri Arabi, divenne la raffinata fortezza che è oggi durante il periodo normanno che la scelsero come residenza reale, e proprio a loro si devono i due ambienti più noti, la Cappella Palatina e la Sala di Re Ruggero. Quest’ultima risplende d’oro grazie ai mosaici che affermano tutto il potere dei regnanti e che mettono in piedi un bestiario di creature reali, come leopardi e cervi, mitologiche quali i centauri e scene di caccia, alternati a complessi arabeschi e decorazioni di ascendenza persiana. L’antistante Sala dei Venti, chiamata così per la rosa dei venti che spicca nella volta, la Sala Pompeiana e le torri della fortezza sono solo alcuni dei bellissimi ambienti del palazzo volti ad enfatizzare il raffinato gusto di chi nei secoli ha governato Palermo.

La Cappella Palatina

All’interno del Palazzo Reale l’ambiente di massimo splendore è la Cappella Palatina, uno scrigno che rimarrà impresso nella memoria di chi è alle prese con la visita a Palermo. Realizzata anch’essa durante il regno di Ruggero il Normanno fra il 1130 e 1132, venne consacrata ai SS. Pietro e Paolo di cui sono riportati gli episodi della loro vita rispettivamente nella navata sinistra e destra. La cappella è suddivisa in tre navate inframmezzate da tre raffinate colonne in granito. Il pavimento e le pareti sono un potente mosaico dorato che richiama gli stilemi bizantini. Il soffitto è a stalattiti in una elegante rielaborazione dello stile arabo. La Cappella Palatina sintetizza alla perfezione la volontà dei regnanti normanni di arricchire l’arte cristiana con lo sfarzo delle soluzioni islamiche, sotto lo sguardo di un Cristo Pantocratore che dall’abside trasmette con un sol gesto tutta la ieratica potenza dell’arte bizantina.

Il mercato di Ballarò

Lasciato alle spalle il lustrinato sfoggio di potere dei Normanni, è tempo di addentrarsi nei quartieri più vivi della città e andare alla scoperta del più noto dei suoi tre mercati, Ballarò, per accertarsi se sia vero che una delle cose da fare a Palermo assolutamente è mangiare come se non ci fosse un domani. Il mercato di Ballarò è caratterizzato dalla vendita di prodotti dell’entroterra panormita sui quali i rivenditori richiamano l’attenzione attraverso i loro “canti”, le abbanniate, spesso assordanti ma sicuramente spettacolari. Il suo epicentro è la Piazza del Carmine dove fa bella mostra di sé l’omonima chiesa barocca. Dedicata alla Madonna del Carmelo, vanta quella che è considerata la cupola più bella della città: unica nel suo genere grazie al rivestimento in maiolica policroma e dell’ornato tamburo sul quale quattro telamoni un po' goffi la sostengono non senza fatica. La stessa fatica di chi ogni giorno si guadagna il pane nell’antistante mercato.

La Kalsa

Se si desidera capire lo spirito della città, allora bisogna assolutamente continuare la visita pellegrinando verso la vicina Kalsa. È uno dei più antichi quartieri della città, sorto intorno al decimo secolo, durante la dominazione islamica. Dall’arabo deriva il suo nome khalisa che significa “l’eletta”. Il suo sviluppo nei secoli avvenne in modo disordinato. Fu il primo quartiere a sorgere al di fuori delle mura, e in linea con ciò che avveniva nelle città arabe dell’epoca, gli spazi liberi - come giardini od orti - venivano man mano occupati, espandendosi un po' alla volta fra il mare e le mura di cinta e andando a inglobare, lentamente anche il quartiere ebraico. Oggi è un affascinante e labirintico reticolato di strade che si aprono all’improvviso in ariose e vivaci piazze o sulle facciate di elegantissime chiese, ed è forse uno dei luoghi più affascinanti da vedere a Palermo. La Kalsa viene chiamata anche il Mandamento Tribunali, in quanto qui, all’interno del Palazzo Chiaramonte-Steri, risiedeva l’ex tribunale dell’Inquisizione.

Santa Maria dello Spasimo

Man mano che ci si addentra nella Kalsa le strade diventano sempre più fitte e contorte fin quando non ci si trova davanti al suggestivo rudere della chiesa tardogotica di Santa Maria dello Spasimo. Di sicuro non è la classica chiesa che si inserisce nella lista di cosa vedere a Palermo, ma le suggestioni e le leggende che aleggiano su di essa la rendono una meta sempre più gettonata per chi va alla ricerca dei luoghi segreti e meno battuti della città. Dedicata alla Madonna che “spasima” dal dolore per la crocifissione di Gesù, oggi appare come un edificio spoglio, privo di suppellettili e soprattutto… di tetto. L’aspetto diroccato le dona una verve romantica grazie agli alberi e all’edera che crescono lungo la nuda pietra gialla della sua struttura. Come predetto dal nome, quello di oggi è solo l’ultima sofferenza di una chiesa la cui storia è costellata di sventurati eventi. Come quello che riguarda il famoso dipinto di Raffaello Lo Spasimo di Sicilia, oggi custodito al Museo del Prado di Madrid. Dopo esser stata dipinto dall’urbinate, il quadro partì via mare per Palermo. Una tempesta affondò la nave che lo trasportava, ma l’opera ben imballata in una cassa fu sospinta dalle correnti fino a Genova. Da qui grazie all’intercessione papale fu rispedita al monastero di Santa Maria dello Spasimo dove vi restò fino al 1661 quando, per volere di Re Filippo IV, fu trasferita nell’imponente Escorial di Madrid.

Orto Botanico

Continuando a passeggiare sotto il cielo della Kalsa si arriva all’Orto Botanico. Fondato nel 1779 vanta quasi 10mila piante fra cui anche numerose rarità e la sua bellezza non è passata inosservata fra i viaggiatori dell’epoca. Queste le parole che Goethe ha annotato nel suo Viaggio in Italia: “Nel giardino pubblico vicino alla marina ho passato ore di quiete soavissima. È il luogo più stupendo del mondo. Nonostante la regolarità del suo disegno, ha un che di fatato; risale a pochi anni or sono, ma ci trasporta in tempi remoti.” L’orto è diviso in due settori, quello antico che raccoglie le piante seguendo il sistema sessuale di Linneo, e uno più recente che segue l’ordinamento ideato da Engler. Fra specie esotiche proveniente da Sudafrica, Australia e Sud America la star assoluta è il gigantesco Ficus Magnolioide dalle laocoontiche radici che ricordano i terribili serpenti marini descritti da Omero, impiantato nell’orto nel 1845 dopo essere stato portato dalle Isole Norfolk

Il Foro Italico

Usciti dall’Orto Botanico subito si arriva al Foro Italico, l’amato lungomare dei palermitani, uno dei luoghi d’obbligo da inserire in qualsiasi itinerario di Palermo. Nato per volere del viceré Marco Antonio Colonna nel 1582 venne allargato in modo grandioso due secoli dopo, diventando luogo di delizie per i cittadini palermitani. Dopo un periodo di degrado e abbandono sul finire degli anni Novanta venne riqualificato ritornando al suo antico splendore, ma nella giocosa lettura pop che le ha donato l’architetto Benedetto Terruso. Questo è il luogo ideale per godere la brezza marina o rilassarsi al sole godendo il mare. Il posto perfetto per rifocillarsi prima di andare alla scoperta di altre meraviglie Palermitane. Prima di andare via merita una veloce visita il Palchetto della Musica, ottocentesco palcoscenico dove durante le passeggiate estive ci si poteva rilassare ascoltando sinfonie e quartetti, per la gioia dell’udito e dello spirito.

Palazzo Abatellis

Mentre si risale dal Foro Italico verso il centro è d’obbligo una sosta alla Galleria regionale di Palazzo Abatellis. Il museo non è solo una raccolta di arte siciliana e capolavori senza tempo, ma è un capolavoro di per sé grazie alla rivisitazione in chiave contemporanea del chiostro ad opera di Carlo Scarpa che ha poi curato anche l’allestimento degli interni. L’opera più celebre che sembra aver anticipato di 500 anni il grido di dolore lanciato dalla Guernica di Picasso è l’apocalittico affresco del Trionfo della Morte, in cui una scheletrica morte a cavallo scaglia i suoi pestilenziali dardi su umili, regnanti, prelati e imperatori senza distinzione di casta o censo.

Fontana Pretoria

La visita di Palermo si conclude camminando fino a un luogo simbolo della città, la splendida Fontana Pretoria. Progettata e scolpita dal maestro Francesco Camilliani per il giardino fiorentino del viceré di Napoli Don Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga. A causa dei forti debiti, i Toledo la vendettero al Senato Palermitano per una cifra veramente alta per l’epoca, 30mila scudi, tra l’altro in un momento difficile per la città, in cui regnava la miseria e la carestia. Una spesa ritenuta folle in un momento così complicato che causò lo sdegno della cittadinanza che la ribattezzò subito la Fontana della Vergogna. Non tutti però concordano su questa versione. Si pensa infatti che le suore di clausura dell’antistante Monastero di Santa Caterina, da cui è anche iniziato il nostro giro, dinanzi alla nudità delle statue dovessero coprire gli occhi, da qui l’appellativo della Vergogna. Qualsiasi sia la verità, l’importante è riuscire ad ammirarla almeno una volta nella vita.

Cosa mangiare per le strade di Palermo

Tanto nei tre mercati storici di Ballarò, Vucciria e Capo, quanto nel reticolato di stradine della Kalsa si può fare la piacevole conoscenza di un Re, sua maestà il Cibo di Strada Palermitano. I Pani câ meusa, le arancine (da pronunciare tassativamente con la e finale), i crocchè, pane e panelle, lo sfincione, la stigghiola, la rascatura e i babbaluci (lumache) aprono la strada a un regno di sapori forti ma indimenticabili. Fra piatti fritti o bolliti è impossibile resistere alle tentazioni di queste primizie offerte in tutta bellezza sotto il cielo, fra i richiami di chi cucina e i profumi che ammaliano lo stomaco. Per descriverli tutti ci vorrebbe un manuale di cucina da 3mila pagine, qui si può solo consigliare agli amanti del pesce il Purpu vugghiutu cucinato dai purpari, cotto in grandi pentole fumanti e condito con il limone. Una prelibatezza che non bisogna chiamare fingerfood: siamo a Palermo in Sicilia, mica a Londra: perché inglesizzare e tentare di rendere più fashion una tradizione che è visceralmente nata dalla strada?

I cofanetti per un scoprire Palermo